La guida di Maria Luisa

Maria Luisa
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Informazioni sulla città/località

La Fontana di Trevi è la più nota tra le fontane di Roma. Costruita sulla facciata di Palazzo Poli da Nicola Salvi e ultimata da Giuseppe Pannini. I lavori iniziarono nel 1735 e si conclusero con Papa Clemente XIII che inaugurò la fontana il 22 maggio 1762. L'acqua che vi scorre è l'acqua Vergine, l'acquedotto che Marco Vespasiano Agrippa condusse a Roma nel 19 a.c. per alimentare le sue Terme.
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Rome
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La Fontana di Trevi è la più nota tra le fontane di Roma. Costruita sulla facciata di Palazzo Poli da Nicola Salvi e ultimata da Giuseppe Pannini. I lavori iniziarono nel 1735 e si conclusero con Papa Clemente XIII che inaugurò la fontana il 22 maggio 1762. L'acqua che vi scorre è l'acqua Vergine, l'acquedotto che Marco Vespasiano Agrippa condusse a Roma nel 19 a.c. per alimentare le sue Terme.

Le Guide ai Quartieri

Il quartiere Coppedè prende il nome dall'architetto Gino Coppedè che ne progettò gran parte degli edifici nei primi del Novecento, si trova nei pressi di Villa Borghese. L'ingresso è costituito da un grande arco monumentale situato in Via Doria, che congiunge i due Palazzi degli Ambasciatori. Occorre fermarsi per ammirare le sue architetture asimmetriche, il lampadario in ferro battuto e il grande mascherone. L’insieme dei fabbricati e di linguaggi architettonici, che immergono il visitatore nell'atmosfera sfarzosa, e anche un poco fittizia, degli inizi ‘900, si articola intorno a piazza Mincio, dove lo spazio centrale è occupato dalla Fontana delle Rane: un’imponente fontana popolata appunto da 12 rane, anche nota per il bagno che i Beatles vi fecero vestiti dopo un loro concerto tenuto nella vicina discoteca Piper. La piazza è circondata da fabbricati differenti per forma e dimensione; i due edifici più rilevanti, decorati in modo sovrabbondante e fantastico sono: la Palazzina del Ragno di ispirazione assiro-babilonese che si contraddistingue per un grande ragno sulla facciata e il Villino delle Fate caratterizzato da una totale asimmetria, con archi e fregi medievali realizzato con la fusione di diversi materiali, come il marmo, il laterizio, il travertino, la terracotta, il vetro.
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Via Gino Coppedè
Via Gino Coppedè
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Il quartiere Coppedè prende il nome dall'architetto Gino Coppedè che ne progettò gran parte degli edifici nei primi del Novecento, si trova nei pressi di Villa Borghese. L'ingresso è costituito da un grande arco monumentale situato in Via Doria, che congiunge i due Palazzi degli Ambasciatori. Occorre fermarsi per ammirare le sue architetture asimmetriche, il lampadario in ferro battuto e il grande mascherone. L’insieme dei fabbricati e di linguaggi architettonici, che immergono il visitatore nell'atmosfera sfarzosa, e anche un poco fittizia, degli inizi ‘900, si articola intorno a piazza Mincio, dove lo spazio centrale è occupato dalla Fontana delle Rane: un’imponente fontana popolata appunto da 12 rane, anche nota per il bagno che i Beatles vi fecero vestiti dopo un loro concerto tenuto nella vicina discoteca Piper. La piazza è circondata da fabbricati differenti per forma e dimensione; i due edifici più rilevanti, decorati in modo sovrabbondante e fantastico sono: la Palazzina del Ragno di ispirazione assiro-babilonese che si contraddistingue per un grande ragno sulla facciata e il Villino delle Fate caratterizzato da una totale asimmetria, con archi e fregi medievali realizzato con la fusione di diversi materiali, come il marmo, il laterizio, il travertino, la terracotta, il vetro.
Il quartiere Tor Marancia venne tirato su in pochissimi giorni nel 1933 per ospitare i romani che il regime fascita aveva sfrattato dalle proprie abitazioni nel centro-città e si guadagnò molto presto il soprannome Shanghai per due ragioni. La prima era l’alta densità abitativa: famiglie numerose vivevano ammassate in case a una stanza, senza pavimenti e con l’aggravante dei servizi in comune. La seconda ragione era la frequenza degli allagamenti, dovuta al fatto che questa zona prima era tutta palude. E la città cinese è quella più a rischio alluvioni al mondo. Da subito insomma l’area si presentava come complicata. In questo contesto ha preso vita nel 2015 un progetto bellissimo di arte pubblica, che se di certo non ha risolto i mille problemi della borgata, almeno ha portato una ventata di bellezza. Le facciate di undici palazzine del comprensorio di viale Tor Marancia 63 sono diventate ”tele” giganti a disposizione di 22 artisti provenienti da 10 paesi di tutto il mondo. In pochi mesi i writers hanno disegnato 22 murales alti 14 metri, uno più bello dell’altro e tutti diversi tra loro per temi, stili, colori. Andiamo ora a scovare i murales: Viale Tor Marancia, 63, innanzittutto, attraversiamo la porticina (più che altro un’apertura nel muro). Fatto questo, ci troviamo in un cortile condominiale anni ’50, con vialetti, piante, panni stesi, panchine di pietra. Sembra di essere entrati in un mondo antico dove il tempo si è fermato.
Viale Tor Marancia
Viale Tor Marancia
Il quartiere Tor Marancia venne tirato su in pochissimi giorni nel 1933 per ospitare i romani che il regime fascita aveva sfrattato dalle proprie abitazioni nel centro-città e si guadagnò molto presto il soprannome Shanghai per due ragioni. La prima era l’alta densità abitativa: famiglie numerose vivevano ammassate in case a una stanza, senza pavimenti e con l’aggravante dei servizi in comune. La seconda ragione era la frequenza degli allagamenti, dovuta al fatto che questa zona prima era tutta palude. E la città cinese è quella più a rischio alluvioni al mondo. Da subito insomma l’area si presentava come complicata. In questo contesto ha preso vita nel 2015 un progetto bellissimo di arte pubblica, che se di certo non ha risolto i mille problemi della borgata, almeno ha portato una ventata di bellezza. Le facciate di undici palazzine del comprensorio di viale Tor Marancia 63 sono diventate ”tele” giganti a disposizione di 22 artisti provenienti da 10 paesi di tutto il mondo. In pochi mesi i writers hanno disegnato 22 murales alti 14 metri, uno più bello dell’altro e tutti diversi tra loro per temi, stili, colori. Andiamo ora a scovare i murales: Viale Tor Marancia, 63, innanzittutto, attraversiamo la porticina (più che altro un’apertura nel muro). Fatto questo, ci troviamo in un cortile condominiale anni ’50, con vialetti, piante, panni stesi, panchine di pietra. Sembra di essere entrati in un mondo antico dove il tempo si è fermato.
Sulla riva destra del Tevere si sviluppò sin dall'antichità un quartiere dall’animo popolare e multiculturale, che legò il suo destino alle attività dei porti fluviali e delle sue numerose taverne luogo d’incontro privilegiato dei Bulli del rione, oltre che di artisti e forestieri. Il nome Trastevere deriva dal latino trans Tiberim ("al di là del Tevere"), che era già il nome antico della corrispondente regione augustea, perché la città ebbe origine e principale sviluppo invece nella sponda opposta. Teatro a cielo aperto, ispirazione della poesia del Belli e di Trilussa, due fra i più amati poeti del vernacolo romanesco, oggi Trastevere si è trasformato nel quartiere principe della movida romana grazie alla ricchezza di ristoranti tipici, botteghe, negozietti e locali notturni. Numerose leggende sono legate a questo rione che ha mantenuto il suo carattere originale nell'intrecciarsi dei suoi stretti vicoli, delle sue piazze e slarghi su cui si affacciano i resti di antiche costruzioni romane medioevali e rinascimentali e le tipiche taverne in cui il popolo da sempre si riunisce per bere, mangiare e socializzare.
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Trastevere
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Sulla riva destra del Tevere si sviluppò sin dall'antichità un quartiere dall’animo popolare e multiculturale, che legò il suo destino alle attività dei porti fluviali e delle sue numerose taverne luogo d’incontro privilegiato dei Bulli del rione, oltre che di artisti e forestieri. Il nome Trastevere deriva dal latino trans Tiberim ("al di là del Tevere"), che era già il nome antico della corrispondente regione augustea, perché la città ebbe origine e principale sviluppo invece nella sponda opposta. Teatro a cielo aperto, ispirazione della poesia del Belli e di Trilussa, due fra i più amati poeti del vernacolo romanesco, oggi Trastevere si è trasformato nel quartiere principe della movida romana grazie alla ricchezza di ristoranti tipici, botteghe, negozietti e locali notturni. Numerose leggende sono legate a questo rione che ha mantenuto il suo carattere originale nell'intrecciarsi dei suoi stretti vicoli, delle sue piazze e slarghi su cui si affacciano i resti di antiche costruzioni romane medioevali e rinascimentali e le tipiche taverne in cui il popolo da sempre si riunisce per bere, mangiare e socializzare.
La Fontana dei Libri si trova in via degli Staderari, nome che ricorda gli antichi fabbricanti di stadere e bilance, un tempo esistenti in questa zona. La fontana è situata entro una nicchia coronata da un arco e presenta una testa di cervo (simbolo rionale di S.Eustachio) fra quattro libri antichi, due per ciascun lato, e collocati su due mensole laterali, naturalmente in onore dell'Università della Sapienza. L'acqua sgorga da due cannelle a forma di segnalibri poste sui tomi superiori e da altre due, poste lateralmente sui tomi inferiori, e si raccoglie nella sottostante vasca semicircolare. Questa composizione, in travertino, fu eseguita nel 1927 su progetto dell'architetto Pietro Lombardi e fa parte di quelle fontane commissionate dal Comune di Roma che volle ripristinare in vari punti della città alcuni simboli di antichi rioni o di mestieri scomparsi. Le altre fontane, tutte opera dello stesso architetto, sono: la Fontana delle Anfore, la Fontana delle Arti, la Fontana delle Tiare, la Fontana della Pigna, la Fontana delle Palle di Cannone, la Fontana dei Monti, la Fontana della Botte e la Fontana del Timone. Una piccola curiosità: al centro della fontana, tra le corna del cervo, risulta inciso in verticale il nome del rione ed in orizzontale il relativo riferimento numerico, ma evidentemente c'è stato un errore perché S.Eustachio corrisponde al rione VIII e non IV come chiaramente inciso.
Sant'Eustachio
La Fontana dei Libri si trova in via degli Staderari, nome che ricorda gli antichi fabbricanti di stadere e bilance, un tempo esistenti in questa zona. La fontana è situata entro una nicchia coronata da un arco e presenta una testa di cervo (simbolo rionale di S.Eustachio) fra quattro libri antichi, due per ciascun lato, e collocati su due mensole laterali, naturalmente in onore dell'Università della Sapienza. L'acqua sgorga da due cannelle a forma di segnalibri poste sui tomi superiori e da altre due, poste lateralmente sui tomi inferiori, e si raccoglie nella sottostante vasca semicircolare. Questa composizione, in travertino, fu eseguita nel 1927 su progetto dell'architetto Pietro Lombardi e fa parte di quelle fontane commissionate dal Comune di Roma che volle ripristinare in vari punti della città alcuni simboli di antichi rioni o di mestieri scomparsi. Le altre fontane, tutte opera dello stesso architetto, sono: la Fontana delle Anfore, la Fontana delle Arti, la Fontana delle Tiare, la Fontana della Pigna, la Fontana delle Palle di Cannone, la Fontana dei Monti, la Fontana della Botte e la Fontana del Timone. Una piccola curiosità: al centro della fontana, tra le corna del cervo, risulta inciso in verticale il nome del rione ed in orizzontale il relativo riferimento numerico, ma evidentemente c'è stato un errore perché S.Eustachio corrisponde al rione VIII e non IV come chiaramente inciso.
S.Barbara dei Librari, situata in largo dei Librari, risale al secolo X ma fu costruita su un'antica e piccola cappella a sua volta costruita nel secolo VI nell'emiciclo del "Teatro di Pompeo". Un'iscrizione situata sulla parete interna sinistra del sacro edificio attesta che la chiesa appartenne a Giovanni Crescenzio, signore incontrastato di Roma con il titolo di "patrizio dei Romani", il quale, dopo aver ucciso papa Giovanni XIV ed imposto ben tre antipapa, fu catturato e decapitato a Castel S.Angelo dalle truppe imperiali di Ottone III. S.Barbara fu restaurata la prima volta nel 1306 ma fu nel 1601, quando venne affidata da papa Clemente VIII all'Università dei Librari, che le furono aggiunti il predicato "dei Librari" ed il titolo di S.Tommaso d'Aquino e S.Giovanni di Dio, protettori della categoria. Il tempio a croce greca si arricchì di affreschi, di un nuovo oratorio e delle reliquie di numerosi santi, rinvenute successivamente all'interno di una cassetta di piombo sotto l'altare maggiore, che testimoniano l'importanza della chiesa durante il Medioevo. La facciata barocca della chiesa, opera di Giuseppe Passeri, risale al restauro del 1680 effettuato a spese del libraio fiorentino Zenobio Masotti. Ma nel 1878 i Librari abbandonarono la chiesetta e ciò significò la fine per S.Barbara, che venne sconsacrata ed adibita per molto tempo a semplice magazzino, mentre tutti i suoi ornamenti più importanti furono trasferiti nella vicina chiesa di S.Carlo ai Catinari. L'ultimo restauro e la riapertura ai fedeli risale a pochi decenni fa, grazie alle persistenti richieste alla S.Sede da parte della Soprintendenza ai monumenti di Roma e del Lazio.
Via di Parione
Via di Parione
S.Barbara dei Librari, situata in largo dei Librari, risale al secolo X ma fu costruita su un'antica e piccola cappella a sua volta costruita nel secolo VI nell'emiciclo del "Teatro di Pompeo". Un'iscrizione situata sulla parete interna sinistra del sacro edificio attesta che la chiesa appartenne a Giovanni Crescenzio, signore incontrastato di Roma con il titolo di "patrizio dei Romani", il quale, dopo aver ucciso papa Giovanni XIV ed imposto ben tre antipapa, fu catturato e decapitato a Castel S.Angelo dalle truppe imperiali di Ottone III. S.Barbara fu restaurata la prima volta nel 1306 ma fu nel 1601, quando venne affidata da papa Clemente VIII all'Università dei Librari, che le furono aggiunti il predicato "dei Librari" ed il titolo di S.Tommaso d'Aquino e S.Giovanni di Dio, protettori della categoria. Il tempio a croce greca si arricchì di affreschi, di un nuovo oratorio e delle reliquie di numerosi santi, rinvenute successivamente all'interno di una cassetta di piombo sotto l'altare maggiore, che testimoniano l'importanza della chiesa durante il Medioevo. La facciata barocca della chiesa, opera di Giuseppe Passeri, risale al restauro del 1680 effettuato a spese del libraio fiorentino Zenobio Masotti. Ma nel 1878 i Librari abbandonarono la chiesetta e ciò significò la fine per S.Barbara, che venne sconsacrata ed adibita per molto tempo a semplice magazzino, mentre tutti i suoi ornamenti più importanti furono trasferiti nella vicina chiesa di S.Carlo ai Catinari. L'ultimo restauro e la riapertura ai fedeli risale a pochi decenni fa, grazie alle persistenti richieste alla S.Sede da parte della Soprintendenza ai monumenti di Roma e del Lazio.
Via Giulia è una strada di Roma, importante per motivi storici e architettonici. La strada, il cui progetto fu commissionato da Giulio II a Donato Bramante, fu una delle prime importanti realizzazioni urbanistiche della Roma papale. La sua apertura rispondeva a tre scopi: la creazione di un'arteria di scorrimento inserita in una nuovo sistema di strade sovrapposto al dedalo di vicoli della Roma medievale; l'edificazione di un grande viale circondato da sontuosi edifici per testimoniare la rinnovata grandezza della chiesa; e infine, la fondazione di un nuovo centro amministrativo e bancario vicino al Vaticano, sede dei papi, e lontano dal tradizionale centro cittadino del Campidoglio, dominato dalle famiglie baronali romane avversarie della chiesa. Nonostante l'interruzione del progetto dovuto alla Pax Romana del 1511 e alla morte del papa due anni dopo, la nuova strada divenne da subito uno dei centri principali del Rinascimento a Roma. Numerosi palazzi e chiese furono costruiti dai più importanti architetti dell'epoca, come Raffaello Sanzio e Antonio da Sangallo il Giovane, i quali spesso scelsero anche di trasferirsi nella via. A questi si affiancarono diverse famiglie nobili, mentre le nazioni europee e le città stato italiane scelsero di costruire le loro chiese nella via o nelle immediate vicinanze. Nel periodo barocco l'attività edilizia, diretta dai migliori artisti dell'epoca come Francesco Borromini, Carlo Maderno e Pietro da Cortona, proseguì senza sosta, mentre la strada, indirizzo favorito della nobiltà romana, divenne teatro di tornei, feste e sfilate carnevalesche. In questo periodo i papi e i mecenati privati continuarono ad occuparsi della strada fondando istituti di carità e fornendo acqua potabile alla zona.
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Via Giulia
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Via Giulia è una strada di Roma, importante per motivi storici e architettonici. La strada, il cui progetto fu commissionato da Giulio II a Donato Bramante, fu una delle prime importanti realizzazioni urbanistiche della Roma papale. La sua apertura rispondeva a tre scopi: la creazione di un'arteria di scorrimento inserita in una nuovo sistema di strade sovrapposto al dedalo di vicoli della Roma medievale; l'edificazione di un grande viale circondato da sontuosi edifici per testimoniare la rinnovata grandezza della chiesa; e infine, la fondazione di un nuovo centro amministrativo e bancario vicino al Vaticano, sede dei papi, e lontano dal tradizionale centro cittadino del Campidoglio, dominato dalle famiglie baronali romane avversarie della chiesa. Nonostante l'interruzione del progetto dovuto alla Pax Romana del 1511 e alla morte del papa due anni dopo, la nuova strada divenne da subito uno dei centri principali del Rinascimento a Roma. Numerosi palazzi e chiese furono costruiti dai più importanti architetti dell'epoca, come Raffaello Sanzio e Antonio da Sangallo il Giovane, i quali spesso scelsero anche di trasferirsi nella via. A questi si affiancarono diverse famiglie nobili, mentre le nazioni europee e le città stato italiane scelsero di costruire le loro chiese nella via o nelle immediate vicinanze. Nel periodo barocco l'attività edilizia, diretta dai migliori artisti dell'epoca come Francesco Borromini, Carlo Maderno e Pietro da Cortona, proseguì senza sosta, mentre la strada, indirizzo favorito della nobiltà romana, divenne teatro di tornei, feste e sfilate carnevalesche. In questo periodo i papi e i mecenati privati continuarono ad occuparsi della strada fondando istituti di carità e fornendo acqua potabile alla zona.